lunedì 29 aprile 2013

Il naming si fa anche coi dispregiativi. Il caso di Libraccio

Conoscete tutti Libraccio? Si tratta di una catena (ante litteram) di librerie dove è possibile acquistare a prezzi vantaggiosi, spesso alla metà del prezzo di copertina, libri usati. Qualche tempo fa Libraccio era autore pure di un mail order intitolato "Guida ragionata dei libri ritrovati", una sorta di Arca di Noè con la quale si dava l'ultima chance a dei volumi (spesso interessanti) che s'apprestavano a finire nella grande bocca del macero. Da qualche tempo Libraccio ha una nuova vita anche su web, parallela a Ibs.it, azienda con la quale aveva ideato la joint-venture di Libraccio.it e dalla quale è stato ora incorporato. 

Tutto nasce, anche qui, da un nome. E - pensate un po' - da un dispregiativo. Chi mai ricorrerebbe oggi a un dispregiativo per nominare una catena di librerie poi diventata pure un sito di e-commerce? Eppure così è successo e il nome "libraccio" ha svolto benissimo la funzione di posizionamento nell'ambito di "libri usati e soprattutto scolastici". Dopo il tripudio dei diminutivi, anche i dispregiativi hanno diritto di cittadinanza nei territori del naming. L'esempio è utilissimo per ribadire che nessuna strada è preclusa in ambito di naming e che una scelta coraggiosa oggi potrà pagare nel medio lungo termine (oggi spesso manca il coraggio nei nomi e si ripiega su naming spesso fiacchi, cascanti). Tra l'altro il tempo è spesso protagonista di un'azione levigante (o corrosiva) assai singolare sui brand names. Spesso il tempo infatti fa scordare l'origine del nome, il significato da dizionario e lascia la parola-nome (un dispregiativo, nel nostro caso) fluttuare nell'universo dei segni con tutt'altre prerogative.

martedì 23 aprile 2013

Air One, quando il nome si regge su un equilibrio tra due lingue

Il naming di una compagnia aerea è una cosa seria. Ogni naming è una cosa seria, ma nel campo dell'aviazione civile meglio se un nome possiede caratteristiche di internazionalità, facilità di pronuncia, brevità, capacità di rassicurazione. Il caso di Air One è assai singolare. Gioca apertamente, in ottica me-too, con tanti altri naming dati da AIR+qualcosa (ad esempio Air Dolomiti, Air France o Air Berlin), e affiancandoci la parola ONE dà vita a un nucleo di due parole inglesi che unite formano la parola italiana AIRONE, uccello che diventa poi emblema (perfetto, calzante) della compagnia aerea. Resta un valido esempio di come si possa innovare nel solco della tradizione, anche nel campo del naming, e uscire con un nome che ha rimandi ed evocazioni coerenti con il mondo dei servizi offerti dalla compagnia. 

martedì 16 aprile 2013

Le interviste di Wordnick con i "professional namers"

Wordnik è un dizionario online, un thesaurus e un sito di riferimento per svariate risorse sulla lingua. Con lungimiranza (visto che la lingua è spesso cambiata, arricchita o impoverita dalle operazioni di naming e da fenomeni di lessicalizzazione del nome di marca), il sito ha dato il via ad una serie di interviste con "professional namers". Trovate tutte le interviste condotte finora (e anche le prossime, presumo, se ce ne saranno altro) a questo link. Ho avuto notizia di questa serie di interviste dall'interessante newsletter di Steve Rivkin. Per i cultori della materia si tratta di un'opportunità per capire cosa avviene dall'altra parte dell'Atlantico e per tutti gli altri che magari capitano da queste parti credo sia interessante sapere dell'esistenza di Wordnik, un sito dove poter tuffarsi abbastanza fiduciosamente nel fiume della lingua in movimento, per capire come le parole vengano effettivamente usate. Per concludere, questo il link alla pagina Wikipedia di Wordnik.

martedì 9 aprile 2013

Dogma, naming coraggioso per la bici Pinarello

Diciamocelo: è un piccolo capolavoro. Anzi, sono due piccoli capolavori, uno nel prodotto e l'altro nel naming. Il ciclismo è uno sport in crescita e consente alle aziende di lavorare su prodotti sempre più accattivanti e lascia spazio anche al coraggio dell'innovazione, non solo di prodotto. La bicicletta da strada qui accanto ne è un esempio. Ma non addentriamoci troppo sugli aspetti tecnici (sarebbero molti, troppi) e rimaniamo al nostro specifico del nome di prodotto. Il nome scelto per questa bicicletta di Pinarello a mio avviso è potente e, appunto, coraggioso. Parto dal "potente", mi riferisco alla sonorità, all'attacco secco in "Do-", all'incontro consonantico tra "-gm". Altra cosa importante: è invaribile in inglese, dove mantiene intatta la sua scrittura. E poi è sicuramente un naming coraggioso. Sorvola i territori della religione e della fede alludendo apertamente a ciò che è diventato il ciclismo per molti sportivi (pochi sport dimostrano, almeno in Italia, simili caratteristiche di trasporto, passione, attaccamento, dedizione). Un nome che non può essere quindi messo in discussione, autorevole, quasi divino. Non tutte le aziende, a mio avviso, sono in grado di mostrare simile coraggio. La fase di naming di un prodotto dovrebbe essere il momento dove il coraggio orienta le scelte, a maggior ragione per prodotti che hanno un contenuto di tecnicità e innovazione senza pari.

mercoledì 3 aprile 2013

Zoom è il nome dello zoo di Torino

Della serie: oggi Alce va allo zoo... Tra la parola "zoo" e lo "zoom" di una macchina fotografica (apparecchio che credo molto usato allo zoo) ci passa solo una "m" di differenza: probabilmente hanno pensato a questo quando hanno dato il nome allo zoo di Torino. Il pay-off recita "la natura da vicino" (in rete si trova anche un altro pay-off, più datato, sempre in linea con la parola "zoom", il quale recita "fa più grande la natura"). Il posizionamento è chiaro, evidente e il gioco di lettere che ha dato origine al nome anche: allo zoo si vedono animali esotici da vicino, lo zoo porta "la natura" in città. Considerando che gli zoo sono ovunque costruiti ad uso e consumo dei bambini, anzi per quel gran business del family entertainment che trovò in Walt Disney il genio precorritore, il nome Zoom si presta anche a un carattere abbastanza giocoso, adatto al target di riferimento. Insomma "Zoom" è un nome che rimanda alla categoria "zoo" e dice qualcosa di più, è coerente con il posizionamento e con il pay-off. Nello sviluppo del logo la "m" finale assume iconicamente la forma di una coda. A livello internazionale può mantenere intatte le sue prerogative, visto che sia "zoo" che "zoom" sono due parole ormai accettate in più lingue. Si presta infine a partnership particolari con brand di macchine fotografiche (ci avranno già pensato, suppongo).

Insomma il posizionamento di "natura in città" e "natura da vicino" è chiarissimo se si guarda il logo che ho riportato sopra. Un po' contrariato, mentre intravedevo lo spot di questo zoo in una rete per bambini, mi sono chiesto: ma allora la città non è natura? Lasciamo perdere simili questioni, anche perché non mi intendo di zoo, non ne ho mai visitato uno e non lo dico per snobismo, semplicemente non ho mai visitato uno zoo e non ho particolari desideri di far visita a qualche zoo. Vorrei soltanto puntare il dito su quello che passa troppo spesso per "natura" e sull'utilizzo un po' maldestro di questa parola, dalla pubblicità alle guide turistiche e... naturalistiche per l'appunto. Evito qui discussioni troppo pesanti ma rinvio a un breve ed incisivo editoriale di Claudio Magris apparso sul "Corriere della Sera" dopo il terremoto del Giappone del 2011.