mercoledì 21 dicembre 2016

Servizi di naming in crowdsourcing: come vanno?

Provando ad analizzare come si erogano oggi i servizi di naming, si registra l'ascesa delle piattaforme di crowdsourcing. Mi riferisco ai siti che mettono in contatto la community dei freelancer desiderosi di offrire i propri servizi con tutte quelle realtà che necessitano di sviluppare, spesso in tempi assai rapidi, determinati progetti creativi. Due esempi per l'Italia? Il sito starbytes.it o 99designs.it. Ormai è noto come funzionano queste piattaforme: si lancia un contest attraverso un brief e la community dei creativi registrati letteralmente si tuffa e si scatena sul quel dato progetto, sia questo un nuovo logo, un packaging, la copertina di un libro o anche un naming. Ma rimaniamo al nostro naming. Sul versante delle aziende questo genere di servizi apre le porte ai seguenti ipotetici vantaggi: possibilità di attingere a una creatività vasta e diffusa, tempi rapidi, grande quantità di progetti ricevuti in poche ore e quindi ampiezza di scelta. La realtà, il più delle volte, è però sintetizzabile anche in altri termini, piuttosto semplici: il prezzo assai più contenuto. Premesso che un tariffario storico del naming è difficile da costruire, possiamo dire che troverete oggi aziende molto famose, le quali un tempo potevano pagare cifre importanti per naming altrettanto importanti, che arrivano a pagare appena qualche migliaio di euro per progetti di naming strategici. Non mi metto a dare giudizi di merito sulle aziende che si avvalgono di queste piattaforme o sui professionisti che arrotondano o addirittura campano offrendo i propri servizi. Si tratta della classica situazione "piatta" resa possibile dalla configurazione odierna della rete e se questa soluzione sta sul mercato può avere delle ragioni più che fondate. Sarei piuttosto molto curioso di conoscere il punto di vista di chi offre servizi di naming secondo altre modalità, lontane dal crowdsourcing, e capire cosa pensa di queste piattaforme che inevitabilmente diventano concorrenza. Parallelamente sarebbe curioso raccogliere qualche testimonianza di aziende che si sono avvalse di simili servizi. Insomma, penso sia l'ora di focalizzare l'attenzione e capire cosa va e cosa, eventualmente, non va col naming in crowdsourcing.

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