giovedì 25 agosto 2016

Acquistare parole-dominio per poi rivenderle come nomi di brand (ovvero brandable business names and domains for sale)

Chi si occupa di naming, ma anche chi è alla ricerca di un naming "veloce", sarà capitato in siti internet che si propongono come marketplace di nomi e domini al contempo, insomma di parole-dominio "brandizzabili" già pronte per l'uso in rete (anche se non verificate legalmente relativamente a un settore merceologico). Questi marketplace possono avere caratteristiche e qualità diverse, ma il denominatore comune è che a tutti gli effetti operano come siti di ecommerce nel mercato strano dei servizi di naming e propongono già, in anticipo, una lunga serie di parole-nome registrate come dominio internet (.com è ovviamente l'estensione più gettonata), qualcosa da acquistare come un libro o un paio di scarpe, infilare in un carrello virtuale, quindi pagare. Alcuni di questi si attrezzano a proporre il nome già vestito di un logo e addirittura suggeriscono in quale settore mercelogico il nome-dominio che propongono potrebbe funzionare bene (ad esempio nel settore alimentare, farmaceutico o dei servizi bancari). Ovviamente si tratta di un e-commerce a tutti gli effetti ed è curioso osservare l'oscillazione dei prezzi perché un prezzo alto potrebbe comunicare che il venditore già percepisce quella data parola-dominio come un buon nome in potenza. 

Mi pare evidente che questo genere di realtà trovi la propria ragion d'essere in una serie di fattori concomitanti:

1) la necessità che un naming nasca già disponibile per la registrazione di dominio (e quindi si è pensato bene di rovesciare il problema);
2) velocizzare i tempi di selezione e acquisto;
3) favorire un modello rapido di compravendita (ecommerce, a tutti gli effetti);
4) fornire un supporto a certe aziende che mancano di immaginazione;
5) determinare in modo certo e anticipato la transazione e il prezzo del naming (chi si occupa di naming sa come il prezzo possa essere una questione interminabile e frustrante).

Insomma, ecco il naming rovesciato. Anziché partire da un concept di prodotto o brand da nominare si acquista invece una parola-nome già pronta a essere dominio e, se si vuole, già vestita di logo e colori. Un esempio che farà sorridere gli amanti del gruppo islandese Sigur Ros? Brander.xyz (e manco sapevo esistesse il dominio .xyz) descrive il nome "Siguros" come "A hint of fun, a lot of energy, and a great deal of style…this domain name is perfect for a multitude of niches & markets. With a classy and very versatile logo to match, this name is certainly one of a kind. Entertainment, recreation, music, sports…this domain goes with literally everything."

Altri esempi di siti del genere? Eccoli elencati di seguito. Buona navigazione e, se vi avvarrete di questi siti, buoni acquisti.

www.brandbucket.com
novanym.com
www.brandroot.com
www.branddo.com
www.catchy.com (in quest'ultimo si propone un nome, "nuta", già vestito di un logo su cui Nutella potrebbe trovare da ridire...)

mercoledì 17 agosto 2016

Naming rights degli stadi: Camp Nou al Qatar?

Sempre più in vista è il naming per quanto afferisce alle problematiche dei diritti di denominazione di importanti impianti sportivi (a tutti ad esempio può venire in mente l'Allianz Arena di Monaco di Baviera). In buona sostanza siamo ben lontani dai tempi in cui i nomi degli stadi evocavano imprese o giocatori leggendari e sempre più si fa strada la battaglia e l'opportunità dei naming rights di un impianto, ovviamente legato a un qualche sponsor. Di recente abbiamo letto che il celeberrimo Camp Nou di Barcellona potrebbe cedere i diritti di denominazione al fondo sovrano del Qatar, già coinvolto nella sponsorizzazione dei blaugrana. Denominare un impianto sportivo significa vincolare un nome di un brand a tutte quelle occorrenze in cui quell'impianto è chiamato in causa (e non sono poche) e significa anche creare un collegamento tra l'aspetto emotivo che negli impianti ha luogo (il tifo, le emozioni sportive ecc) e quel dato brand. Insomma quella della denominazione di luoghi che diventano landmark della società contemporanea mi pare una partita appena incominciata. 

(Qualche notizia in più sul nuovo Camp Nou qui.)

mercoledì 3 agosto 2016

Hyundai e il probabile abbandono della nomenclautra in "i"

Avete presente la nomenclatura delle auto Hyundai? i10, i20, ix20, i30, iw40 ecc. Stando a questo articolo, è propabile che questo approccio al naming scompaia nei prossimi tempi. Non è la prima volta che nel rilevante settore del "car naming" si ondeggia tra naming alfanumerici e naming "pieni e rotondi" oppure tra una armonizzazione e convivenza dei due sistemi di denominazione. Renault ad esempio un tempo era tutta sbilanciata sui numeri e non è escluso che ci ritorni, magari quando qualcun altro ne uscirà. Oggi però non mi pare di ci sia un solo modello di Renault che presenta una cifra nel nome. Citroën, Audi, Peugeot, Mercedes o Bmw sono tuttora fortemente sbilanciate nel numerico, magari accompagnato da una lettera. Fiat, presa dal recupero del vintage e della propria heritage (allora mi chiedo quando una nuova Uno? Tempo fa avevo visto delle foto della nuova 127...), fa convivere nomi numerici come 500 con nomi "tondi e pieni" come Tipo o Panda. 

Credo sia interessante osservare queste oscillazioni nei sistemi di nomenclatura delle auto. Penso che il loro successo o abbandono abbia molto a che vedere con il traino del brand principale e con la strategia di fornire "personalità" ai singoli modelli oppure con quella di imporre prima la "mother brand". Non credo comunque si possano trarre regole e principi generali sul "car naming" alfanumerico o su quello fatto di parole. Più semplicemente credo sia interessante ascoltare e capire le diverse motivazioni che fanno propendere ora per una strada ora per l'altra.