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martedì 21 novembre 2017
Ancora sul titolare i libri, da Paul Auster a Clara Sánchez
Ogni editore, editor e qualsiasi persona dentro l'editoria sa quale importanza riveste un titolo. A volte il titolo arriva presto, a volte come ultima cosa in un processo affrettato e concitato. Un titolo di un libro è a tutti gli effetti il naming di quel prodotto. Già è capitato di parlare di titoli come naming, anche in ambito giornalistico. Restando alle librerie, di mattoni o virtuali, fa impressione ad esempio la sequenza di titoli di Clara Sánchez, autrice di romanzi di successo: Il profumo delle foglie di limone, La meraviglia degli anni imperfetti, Le mille luci del mattino, La voce invisibile del vento, Lo stupore di una notte di luce, La forza imprevedibile delle parole. Sono titoli sostanzialmente identici nella struttura, fa davvero impressione e direi che è una configurazione quasi terribile. Sembra non ci sia scampo e ogni nuovo libro dell'autrice debba ricalcare questa struttura, che poi è analoga al titolo del best-seller di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi. Nel panorama si stacca il nuovo 4 3 2 1 di Paul Auster, il quale non fa nulla di rivoluzionario, ma ricorre a un espediente ben noto a chi si occupa di naming, vale a dire il naming numerico puro. Spesso numeri appaiono nei titoli, pensiamo ad esempio a Divertimento 1889 di Guido Morselli. Il titolo del recente libro di Auster però è puramente numerico e ci parla della struttura del libro in modo semplice e iconico. Inoltre è un titolo che non necessita di traduzione. L'identità del romanzo si presenta così, almeno in due elementi essenziali della copertina, identica a prescindere dal paese di pubblicazione.
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