giovedì 30 gennaio 2014

Perché il nome "Italicum"? Un appunto su quello che si configura come un errore di naming

Capiamo tutti la necessità di dare un nome o soprannome a una nuova legge elettorale. La notizia è una merce e come tale la si vende. E di questi tempi le leggi elettorali fanno notizia in Italia. La notizia si vende meglio se ha un nome e le redazioni dei giornali hanno fatto propria questa convinzione da tempo. Fin qui tutto normale. Avere anche un "nome di lavoro", comodo da usare per una nuova ipotetica legge elettorale, semplifica le cose, crea inoltre un effetto di realtà, come fosse già tutto pronto. Facile poi che il "nome di lavoro" diventi il nome definitivo della legge, almeno nel linguaggio giornalistico e in quello di tutti i giorni. Ma allora perché ricorrere a "Italicum", dopo che il "Porcellum" (o il "Matterellum"), con quel suffisso così caratterizzante in -um, si è creato la pessima fama che tutti conosciamo? Si capisce la volontà di allontanarsi dai vari sistemi elettorali europei che in questo nome non figurano più come ispiratori della legge. A mio avviso però la scelta di "Italicum" si configura a tutti gli effetti come un grossolano errore di naming. Detto questo, il nome "Italicum" non suggerisce nulla sull'ingegneria elettorale retrostante all'idea della nuova legge elettorale. Perché non sono ricorsi a un nome più "chiaro e trasparente", che provasse a spiegare qualcosa dei principi ispiratori della legge? "Italicum" è davvero troppo generico, dice tutto e niente. Non posiziona granché nella testa delle persone, forse un suono e pure antipatico. (Credo che il presidente Obama, così attento ai vari tasti della comunicazione, non si sarebbe lasciato scappare un errore del genere.)

lunedì 20 gennaio 2014

Naming di auto con i poeti. Quando Ford si rivolse a Marianne Moore...

Steve Rivkin, autore di "The Naming Newsletter", ha riportato alla luce in un post interessante un caso di naming che coinvolse un poeta. In realtà stiamo parlando di una delle principali esponenti del Modernismo: Marianne Moore. L'azienda che si rivolse alla Moore fu nientemeno che Ford, cioè l'azienda d'auto per antonomasia negli Stati Uniti, almeno per buona parte del secolo scorso. A questo link potete leggere l'interessante lettera con la quale il management di Ford coinvolse la Moore: l'obbiettivo è ricorrere a un poeta per provare a tirarsi fuori dalle secche del naming e dal "dilemma" di dover trovare un nome per un veicolo sul quale l'azienda ripone grandi aspettative. Correva l'anno 1955 e nella pagina che vi ho riportato potrete scoprire retroscena molto interessanti della corrispondenza tra la casa automobilistica del Michigan e l'autrice originaria del Missouri: dal "brief" fornito da Mr. Young del Marketing Research Department di Ford alle prime risposte della Moore, la quale pensa di coinvolgere il fratello. Lo scambio ingrana bene e si legge in modo appassionante.

Ps. per gli appassionati di storia dell'auto: stiamo parlando della Ford Edsel.

lunedì 13 gennaio 2014

Albergo di Tivoli Audio

Tivoli Audio, "The Original Radio Company", deve aver interpretato alla lettera la regola che vuole il naming come "arma" ideale per posizionare un prodotto. Quest'azienda americana dal nome molto italiano, attiva nella progettazione di apparecchi radiofonici, ha dato un'idea chiara del target di riferimento per questo suo nuovo prodotto denominato Albergo. In effetti gli alberghi sono forse oggi i principali consumatori di radiosveglie (ma chi le accende più una volta in camera? Forse tornano buone per la wake-up call...). La radiosveglia è forse l'ennesimo dispositivo un tempo popolare che la contemporaneità sempra aver accantonato a favore di telefonini, lettori mp3 e altri devices portatili. Normale (e corretto) allora dare subito un'idea chiara del posizionamento di questo nuovo prodotto, con un nome che tra l'altro si presenta in scia con l'italianità "sonora" dell'azienda. 
Le difficoltà, di fronte a simili nomi, nascono piuttosto con una scarsa visibilità e difendibilità nel web. Se cercate infatti "tivoli+albergo" su un motore di ricerca è più probabile che questo vi rinvii ad un sito di prenotazioni alberghiere. Si tratta di un problema che andrebbe calcolato in sede di naming, a maggior ragione con i nomi che hanno corrispettivi geografici (ricordiamo infatti che, in linea generale, è bene evitare i nomi che rimandino a determinati luoghi). Che sia anche per questo motivo che l'azienda ha posto la parola "Audio" accanto a "Tivoli"?

lunedì 6 gennaio 2014

Happyfania Kinder è brand

Colpo di coda delle feste, l'Epifania rappresenta anche il colpo di coda della stagione natalizia, che per determinate aziende/brand e determinati investitori pubblicitari (un tempo si parlava di big spender, ora leggo meno frequentemente questa espressione), costituisce un momento chiave dell'intera annata. L'industria dolciaria è tra i protagonisti della stagione, e anche brand come Kinder Ferrero, che negli anni hanno comunque saputo operare una diversificazione dell'offerta per essere sempre sulla cresta dell'onda ogni stagione dell'anno (inclusa la "faticosa" estate della cioccolata), raccolgono le forze per l'ultimo colpo di coda delle festività: l'Epifania, la befana e le calze.

Notavo che l'espressione "Happyfania", introdotta già da qualche anno da Kinder Ferrero, è ora accompagnata dalla R cerchiata e suppongo che si possa parlare ormai di brand a tutto tondo. Sicuramente si tratta di un brand concentratissimo a livello temporale, schiacciato tra il Natale e il 6 gennaio, e coerente con altre denominazioni dell'azienda (pensiamo al Kinder Happy Hippo). Si tratta di un nome semplice, che pare nato da un semplice raddoppio di "p" nella parola italiana "Epifania", che è stata poi inglesizzata mediante l'aggettivo "Happy-".

giovedì 2 gennaio 2014

Marche, nomi e... biocapitalismo. Una vecchia intervista a Vanni Codeluppi

Una traccia jolly delle maestre delle elementari iniziava circa così: "Frugando in un vecchio cassonetto hai trovato hai trovato...". Il mio "vecchio cassonetto" è un disco esterno da 500 gigabyte e ogni tanto, quando voglio pescare qualche contenuto per i blog senza fare troppa fatica, vado in cerca lì dentro. Ormai sto raschiando il fondo di questo disco, ma ancora riesco a trovare qualcosa. Ripesco questi "vecchi contenuti" per risparmiare tempo, per variare il passo altrimenti mi annoio e perché non tutti soffrono il passaggio del tempo. Prendo ad esempio questa interivista che feci al sociologo dei consumi Vanni Codeluppi per la rivista "Che Libri" nel momento dell'uscita del suo saggio Il bio-capitalismo. Verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni (Bollati Boringhieri, 2008). I temi introdotti dal saggio e la stessa parola-neologismo "bio-capitalismo" mi appaiano ancora degni di attenzione. Potete leggere l'intera intervista nelle due pagine di pdf a questo link del sito di Bollati Boringhieri. Anche se non si parla di nomi, si parla di marche. Nella visione di Codeluppi, le marche - con i loro nomi - sono tra i principali strumenti impiegati dal bio-capitasmo. Si tratta di un saggio molto interessante. Se vi è sfuggito ve lo consiglio. Naturalmente Codeluppi hai in mente le marche-globali, non tanto le marche di minor respiro di cui parliamo spesso anche qui, quelle delle dimensioni di Disney e McDonald, per riprendere un sottotitolo di un altro suo libro. E i tutto questo cosa rappresentano i nostri nomi? Incomincio a pensarci...

(Un augurio di buon 2014 a tutti i lettori del blog.)