sabato 21 settembre 2019

Italia viva: ancora sul naming dei partiti politici

(NESSUNA IMMAGINE, IN ATTESA DEL SIMBOLO)

Si è già scritto altre volte sul naming dei partiti politici. In un frangente storico in cui si parla serenamente di "offerta" politica, diventa tristemente evidente che un partito è un "prodotto" posizionato in un dato "mercato" verso il quale il "consumatore-elettore" può orientare la propria preferenza. Ho scritto tristemente e usato tutte queste virgolette perché non era questo quell'avvenire che gli occhi "avevano sognato", per citare Luigi Tenco e deve ancora ripugnare l'idea del voto come merce. Tuttavia da anni ci siamo abituati a questo modo di riferirsi alla scena politica e anche giornali blasonati non si fanno troppi problemi a pubblicare articoli che seguono queste linee di pensiero. Non ci formalizziamo più nemmeno noi, ma delle distinzioni di tanto in tanto non guastano. Dopo decenni di sigle in P-, il nome "Italia" ha iniziato a presenziare nel naming dei partiti politici (da Forza Italia a Italia dei Valori, per esempio). Prendiamo ora il nome del neonato partito di Matteo Renzi: due parole, un sostantivo e un aggettivo che all'occorrenza potrebbe essere interpretato come un'esclamazione, se solo vedessimo il nome in una torsione quale "Viva Italia", che ricordi così da vicino quel Forza Italia che faceva pensare agli stadi. La scelta di ricorrere alla parola "Italia" nel nome non mi sembra del tutto azzeccata: è evidente che un'offerta politica, se vogliamo usare i termini con i quali è iniziato questo post, deve andare oltre i confini di una nazione e il caso di un partito crescente come la Lega dimostra come premi semmai abbandonare determinati connotazioni territoriali. E l'aggettivo "viva" cosa aggiunge di rilevante? Quale progetto e programma sottende? A conti fatti, mi sembra un naming che non nasce sotto i migliori auspici. Mi si dirà che quello che conta è la scelta dell'aggettivo "viva", indicatore di vitalità, speranza, futuro eccetera, ma si tratta di un pleonasmo, perché da quel che so la politica la fanno i vivi per i vivi (a proposito, male non sarebbe se si i politici tutti affrontassero con meno ipocrisie e meno fifa le leggi che disciplinano la fine della vita). Curiosamente il nome è stato svelato prima del simbolo, ma il fatto è comprensibile perché questa entità doveva iniziare a essere nominata dai giornalisti e essere data in pasto ai media. Il primo passo del naming non sembra quindi aggiungere un ingrediente di novità. Ora restiamo in attesa del simbolo e, se le premesse di questo post sono valide, è curioso che si parli ancora di simbolo e non di logo.

domenica 1 settembre 2019

Alexa, Cortana, Siri e Assistant. Il naming degli assistenti vocali

Si è letto anche nel bel libro di Adam Greenfield, Tecnologie radicali. Il progetto della vita quotidiana (Einaudi): il naming degli assistenti vocali dei grandi brand che stanno colonizzando la nostra quotidianità è spesso femminile e determina l'adozione di una voce femminile. Perché si verifica questa situazione? Perché le ricerche avrebbero stabilito che gli umani, a più latitudini e longitudini, in casi di interazione del genere prediligono avere a che fare con un simulacro-interlocutore femminile che risponda magicamente alla wake word. Come è normale che sia, questo fatto ha scatenato polemiche relative al rafforzamento di gender bias (potete leggerne qui su "The New York Times"), oppure alle dinamiche sessiste (di cui, tra gli altri, si legge qui su "la Repubblica"). I nomi in questione, al momento, sono quelli ripresi dall'immagine accanto: Alexa per Amazon, un più prosaico Assistant per Google, Siri per Apple (che può contare in una voce sia femminile che maschile) e Cortana per Windows 10. Il naming e la scelta del tono di voce con cui interagire è solo una prima parte di una storia ancora tutta da scrivere nell'interazione uomo-macchina, ora che questa interazione diventa qualcosa di più domestico, per quanto non necessariamente addomesticato e addomesticabile, come il citato libro di Greenfield brillantemente dimostra; poiché la questione del gender è più che mai all'ordine del giorno, per forza di cose impatterà con futuri casi di naming, dal momento che il nome è così sovente collegato alla questione del genere. In altre parole, siamo solo all'inizio.