giovedì 24 maggio 2012

Intervista sul naming a Radio Monte Carlo, il link del podcast

Martedì 22 maggio la puntata di Si salvi chi può, il programma mattutino di Radio Monte Carlo, si è aperta con una breve intervista sul naming. Per chi volesse qui è disponibile il podcast. Abbiamo parlato brevissimamente di nomi e soprattutto di errori. In effetti al naming ci si pensa spesso quando diventa un errore e anche il suo essere diventato pratica specialistica deve molto al tentativo di ridurre il margine di errore ai minimi termini.

Ringrazio Monica Ghezzi della redazione di Radio Monte Carlo e i conduttori del programma in quella giornata, Erina Martelli e Dario Desi.

sabato 19 maggio 2012

Naming e fonosimbolismo #6: auto piccola nome piccolo, la nuova Seat Mii

Dopo Volkswagen Up ecco un altro nome piccolo destinato ad un'auto piccola (il gruppo automobilistico, tra l'altro, è lo stesso). Mi riferisco alla nuova Seat Mii, la piccola della casa automobilistica di Martorell. Sembra sedimentarsi una tendenza che vuole un nome piccolo (corto) per il brand di queste nuove auto dalle dimensioni assai contenute (pensate anche a Toyota IQ, che pure appartiene ad un altro segmento). Nel caso di Seat Mii, il valore di "piccolezza" è convogliato con il ricorso alla ripetizione della vocale "i", vocale piccola per antonomasia (pensate all'apertura di labbra necessaria per pronunciarla). Quando ho ricevuto il depliant pubblicitario (a volte le idee per i post di questo blog mi vengono a cercare... non sono io che cerco loro!) non ho potuto non pensare anche a Nintendo Wii, un altro nome di cui si è tanto parlato, molto vicino a Mii. Ho pensato anche al possessivo "My" e in rete poi ho trovato che si è già pensato al gioco di parole "My Mii" (in fin dei conti l'identificazione tra auto e possessore, nel caso di queste piccole citycar, è fin troppo evidente). Infine ho pensato che potesse essere un nome simpatico per le persone che amano i gatti. Per concludere ho pensato che in un'auto è più facile trovare un cane rispetto a un gatto. Infine (troppi infine?) ho immaginato che allora un nome del genere potrebbe prestarsi a una pubblicità ironica, con un cagnone dentro quest'auto il cui nome ricorda pure il miagolio... Insomma, il nome può diventare il fulcro di più leve di comunicazione.

sabato 12 maggio 2012

Juventus, Inter, Milan. Quando è meglio evitare un brand naming geografico?

E così la Juventus è tornata a vincere il campionato italiano di calcio. Mi sono già espresso altrove in merito al naming delle squadre, che nell'epoca attuale diventano veri e propri brand internazionali (così come i loro stadi, coinvolti in articolate operazioni di "naming rights", vedi il caso dell'Allianz Arena di Monaco) e il cui indotto va dai diritti tv al merchandising globale della t-shirt con quel numero e quel nome di giocatore. Credo che chiamarsi Juventus, Milan e Inter e non Torino, Milano e Qualcosa+Milano sia stata una buona mossa per queste squadre (anche se un Mourinho che pronuncia "Juventus" un po' storpiato ce l'abbiamo tutti in mente...). Naming opportuni quindi, dapprima nell'ottica del tifo nazionale (nomi di squadra che non identificano troppo con città: perché pochi tifano Fiorentina, Roma, Napoli? Perché Atalanta è un nome che ispira molte persone di sesso femminile con le quali ho potuto scambiare qualche chiacchiera su questi argomenti?) e, in seguito alla trasformazione della piattaforma internazionale del football/soccer business, per il non diretto richiamo a un luogo geografico. Vero che quando il Torino era il Grande Torino raccoglieva simpatie anche in altre parti d'Italia, vero che oggi il Barcellona fa lo stesso. Vero anche che si è sempre "squadra di una città" e che si possono trovare casì interessanti in cui il F.C. Internazionale Milano diventa persino un confusionario "Inter Milan", un nome-derby. Il naming geografico deve prestare molta attenzione, in tutti i settori. Può generare conflitti con altre denominazioni, può essere difficilmente difendibile a lungo termine, può essere troppo vincolante, può essere un minus insomma. In un mondo dove tutto ambisce a diventare brand nei modi anche più sconclusionati (persino il luogo semisconosciuto, il comune di provincia, come se io andassi in giro con una felpa rigorosamente con cerniera con scritto Maserada sul Piave), c'è un importante discorso da farsi sui brand davvero globali. In questi casi, essere liberi da pesanti fardelli geografici può essere d'aiuto, anche se si è una squadra di calcio o hockey su ghiaccio. Insomma, il naming geografico, che ad esempio va molto di moda in un settore squisitamente italiano come quello enologico, non è poi un grande affare, a mio avviso, anche se ovviamente in quello specifico settore si lega a un discorso complesso di "denominazioni geografiche" (Igt, Doc, Docg). Cercheremo di approfondire in futuro questi argomenti controversi.

sabato 5 maggio 2012

Naming e fonosimbolismo #5: Grok e Grana Padano

Le vie della diversificazione sono davvero tante, i canali si moltiplicano e ogni brand prova a presidiare più canali (anche quello del vending - le macchinette delle pause-caffè in azienda o nei locali pubblici - è ad esempio un canale di cui fino a poco tempo fa si sottovalutava l'importanza, anche in termini di ricadute sull'immagine). Nel settore alimentare, e in quello lattiero caseario in particolare, la diversificazione è all'ordine del giorno. A riprova di questo, si prenda Grok, lo snack nato da San Lucio Srl in seguito a spin-off di un caseificio storico, produttore di Grana Padano (fusioni, spin-off, quotazioni in borsa e altre situazioni particolari della vita delle aziende sono momenti topici per il naming, il renaming o per la revisione della corporate identity). Da questo spin-off è nato il "formaggio che non deve stare in frigorifero", un formaggio cotto al forno (e non fritto) dall'evidente caratteristica di croccantezza. L'azienda, per quel che concerne il naming, ha reputato opportuno presidiare il territorio della croccantezza (caratteristica enfatizzata da una lunga storia degli snack e dei loro nomi) con una denominazione che presenta una chiara ispirazione fonosimbolista. L'attacco in GR- che richiama pure l'endorsement di GR-ana Padano, il gusto-stupore della lettera O e la croccante K finale. Il pay-off riprende tutto questo: "Grokkanti delizie con Grana Padano".

Come già detto altre volte, il fonosimbolismo è spesso chiamato in causa nelle scelte e nella giustificazione di un processo che porta a un naming. Basterebbe però ricordare come l'onomatopea del verso del cane sia profondamente diversa da lingua a lingua per minare alla base questo che, a oggi, è il contributo di matrice psicolinguistica più ricorrente e utilizzato dai teorici e dalle agenzie del naming. Forse di fonosimbolismo è giusto parlare (in fin dei conti è quel che sto facendo anch'io da più post), visto che è operativamente rilevante nelle scelte di naming, ma bisognerebbe provare iniziare a considerare gli effetti di fonosimbolismo a un livello più ampio, a maggior ragione per quei segni linguistici che diventano brand names in più nazioni con profonde diversità linguistiche. Dal punto di vista della linguistica e della sociolinguistica, a mio avviso il naming sarà meglio comprensibile mutuando opportunamente dei costrutti provenienti dalla pragmatica linguistica. Ma è un discorso lungo, più adatto a un articolo che a un post di un blog!