sabato 5 maggio 2012

Naming e fonosimbolismo #5: Grok e Grana Padano

Le vie della diversificazione sono davvero tante, i canali si moltiplicano e ogni brand prova a presidiare più canali (anche quello del vending - le macchinette delle pause-caffè in azienda o nei locali pubblici - è ad esempio un canale di cui fino a poco tempo fa si sottovalutava l'importanza, anche in termini di ricadute sull'immagine). Nel settore alimentare, e in quello lattiero caseario in particolare, la diversificazione è all'ordine del giorno. A riprova di questo, si prenda Grok, lo snack nato da San Lucio Srl in seguito a spin-off di un caseificio storico, produttore di Grana Padano (fusioni, spin-off, quotazioni in borsa e altre situazioni particolari della vita delle aziende sono momenti topici per il naming, il renaming o per la revisione della corporate identity). Da questo spin-off è nato il "formaggio che non deve stare in frigorifero", un formaggio cotto al forno (e non fritto) dall'evidente caratteristica di croccantezza. L'azienda, per quel che concerne il naming, ha reputato opportuno presidiare il territorio della croccantezza (caratteristica enfatizzata da una lunga storia degli snack e dei loro nomi) con una denominazione che presenta una chiara ispirazione fonosimbolista. L'attacco in GR- che richiama pure l'endorsement di GR-ana Padano, il gusto-stupore della lettera O e la croccante K finale. Il pay-off riprende tutto questo: "Grokkanti delizie con Grana Padano".

Come già detto altre volte, il fonosimbolismo è spesso chiamato in causa nelle scelte e nella giustificazione di un processo che porta a un naming. Basterebbe però ricordare come l'onomatopea del verso del cane sia profondamente diversa da lingua a lingua per minare alla base questo che, a oggi, è il contributo di matrice psicolinguistica più ricorrente e utilizzato dai teorici e dalle agenzie del naming. Forse di fonosimbolismo è giusto parlare (in fin dei conti è quel che sto facendo anch'io da più post), visto che è operativamente rilevante nelle scelte di naming, ma bisognerebbe provare iniziare a considerare gli effetti di fonosimbolismo a un livello più ampio, a maggior ragione per quei segni linguistici che diventano brand names in più nazioni con profonde diversità linguistiche. Dal punto di vista della linguistica e della sociolinguistica, a mio avviso il naming sarà meglio comprensibile mutuando opportunamente dei costrutti provenienti dalla pragmatica linguistica. Ma è un discorso lungo, più adatto a un articolo che a un post di un blog!

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