Non so se sia così normale che da due anni a questa lo stand più affollato della fiera ISPO di Monaco, la più importante a livello mondiale per gli sport invernali, sia quello di GoPro. Non so se sia normale perché non stiamo parlando di un attrezzo sportivo ma della action cam (o lifecam) per antonomasia, inventata da Nick Woodman, il fondatore e CEO dell'azienda di cui si è letto negli ultimi tempi in vista della quotazione in borsa. GoPro si usa negli sport, nasce e attechisce tra surfisti, motociclisti o ciclisti e poi diventa la "protesi" principale per documentare le proprie imprese sportive, più o meno memorabili. L'apparecchio, grazie a una serie di nuovi agganci e cinghie, s'allarga sempra a nuovi impieghi e stimola la fantasia dei suoi utilizzatori, che ormai la attaccano anche nei luoghi più improbabili. Il payoff è "Be a hero". Tutto è molto "aspirazionale" insomma. Il nome è molto diretto, e forse ha contribuito alla fortuna, all'immediatezza. Il verbo "go" è quasi universalmente noto e la particella -pro rimanda al mondo dei professionisti, dei campioni, degli eroi degli sport. Insomma, anche il naming di questa fortunata fotocamera è aspirazionale, come il suo payoff. Ora naturalmente il mercato ha reagito e magari torneremo ad analizzare quali strategie di naming ha adottato la concorrenza. Non è mai facile reagire quando un prodotto nasce e subito s'inventa una categoria di prodotto nuova. Il brand GoPro ha beneficiato anche dell'eccezionale supporto dell'impresa del paracadutista austriaco Felix Baumgartner nell'ambito del progetto Red Bull Stratos. Baumgartner sì lanciato da una altezza di 39.000 metri infrangendo il muro del suono durante la discesa, durata poco meno di dieci minuti.
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