venerdì 17 luglio 2015
Il naming dei parchi divertimenti soffre della mancanza di fantasia
In principio fu Gardaland. Certo, ancor prima c'era stato Disneyland, mica è una cosa che potevamo inventare noi italiani anche se poi c'è stato tutto un settore industriale italiano che ha fornito giostre e attrazioni per i parchi. I
 parchi divertimenti che poi si sono succeduti in Italia non hanno 
dimostrato una grande fantasia o una buona dose di coraggio nel naming. Possiamo registrare una certa tendenza all'utilizzo di 
"land" all'interno di questi nomi: Leolandia, Mirabilandia, Acqualandia, Etnaland solo per citare 
alcuni fra i più noti. Anche nei nomi dei parchi acquatici la presenza 
di desinenze come "onda", "splash", "acqua" la fa da padrona.
 In questo settore è come se il primo arrivato, o comunque il caso di 
maggior successo straniero e poi italiano, avesse creato l'immaginario di riferimento e tutti 
quelli venuti dopo si fossero semplicemente adeguati. In questi casi ci si chiede sempre se si tratti di una 
questione di strategia (una strategia che sfocia quasi nella 
scaramanzia, però) oppure di una mancanza di fantasia e forse di coraggio 
nell'impresa di denominazione di un nuovo parco divertimenti. Considerando che la localizzazione di questi parchi è fattore determinante del loro successo e che quasi mai questi sono in concorrenza diretta tra loro proprio in virtù delle loro posizioni distanziate, giocare la cosiddetta strategia me too anche nel naming non ha però molto senso. Tuttavia, sembra ormai che adoperare un "land" o "landia" nel nome del nuovo parco assomigli da vicino alla volontà di appropriarsi dell'etichetta di parco divertimenti di quella determinata area. 
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Mancanza di fantasia. Anzi, direi mancanza di coraggio.
RispondiEliminaNon di rado fantasia e coraggio vanno a braccetto
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