lunedì 7 gennaio 2019
Le supposte eva/qu: quando l'identità visiva gestisce eventuali ambiguità del naming
In televisione l'inverno è un gran carosello di spot per tosse o influenza. Ma sotto le feste anche l'aspetto digestivo è preponderante: bruciori di stomaco, stitichezza e chi più ne ha più ne metta. E dopo le grandi mangiate si presuppone che debbano avvenire grandi sedute di evacuazione, altrimenti sono guai. Ecco allora eva/qu, che però non è propriamente un lassativo, bensì una supposta effervescente che favorisce la necessaria spinta per l'evacuazione, appunto. E proprio "supposte evacuanti - stimolo effervescente" è quanto si legge nella confezione. Chiaramente il naming deriva da "evacu-are" e da "evacu-azione". C'è la curiosità però dello scorporo del nome "Eva" nel logo del prodotto, quasi a offrire una connotazione femminile al farmaco. Quando ho sentito (senza vederlo) lo spot ho sorriso perché sembrava un naming foneticamente vicino alla parte anatomica dove la supposta va applicata. Non sarà quindi un caso che il naming preveda l'inserimento della lettera "Q" al posto della "C" della parola "evacuare" e la barra a separare "eva" da "qu"? E anche il corpo più piccolo della lettera "u" nel logo lascia pensare che l'identità visiva del farmaco voglia evitare eventuali ironie sul nome e sul suo suono. Ecco un esempio di come un nome potenzialmente ambiguo, almeno in parte, possa essere gestito con un'attenta considerazione dell'identità visiva.
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