domenica 1 settembre 2019

Alexa, Cortana, Siri e Assistant. Il naming degli assistenti vocali

Si è letto anche nel bel libro di Adam Greenfield, Tecnologie radicali. Il progetto della vita quotidiana (Einaudi): il naming degli assistenti vocali dei grandi brand che stanno colonizzando la nostra quotidianità è spesso femminile e determina l'adozione di una voce femminile. Perché si verifica questa situazione? Perché le ricerche avrebbero stabilito che gli umani, a più latitudini e longitudini, in casi di interazione del genere prediligono avere a che fare con un simulacro-interlocutore femminile che risponda magicamente alla wake word. Come è normale che sia, questo fatto ha scatenato polemiche relative al rafforzamento di gender bias (potete leggerne qui su "The New York Times"), oppure alle dinamiche sessiste (di cui, tra gli altri, si legge qui su "la Repubblica"). I nomi in questione, al momento, sono quelli ripresi dall'immagine accanto: Alexa per Amazon, un più prosaico Assistant per Google, Siri per Apple (che può contare in una voce sia femminile che maschile) e Cortana per Windows 10. Il naming e la scelta del tono di voce con cui interagire è solo una prima parte di una storia ancora tutta da scrivere nell'interazione uomo-macchina, ora che questa interazione diventa qualcosa di più domestico, per quanto non necessariamente addomesticato e addomesticabile, come il citato libro di Greenfield brillantemente dimostra; poiché la questione del gender è più che mai all'ordine del giorno, per forza di cose impatterà con futuri casi di naming, dal momento che il nome è così sovente collegato alla questione del genere. In altre parole, siamo solo all'inizio.

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