Che da decenni esista un versante del naming dedicato a frutta e verdura è cosa nota. Anzi, il settore di tali prodotti freschi ha caratteristiche (anche di branding) peculiari ed è singolare persino nel packaging, dal momento che tanta frutta spesso viaggia con un proprio involucro naturale sul quale ci si limita ad appiccicare un bollino. Insomma, il caso Chiquita, la banana "10 e Lode", fece scuola e per molti versi apre degli spunti di riflessione su certe dinamiche e scelte di genere nel naming ortofrutticolo. Ad esempio Chiquita, Melinda, Pink Lady sono tutti nomi di marca che pendono verso il genere femminile. Le varietà di pera - un frutto che fatica a trovare consolidate dinamiche di branding, anche perché forse gli manca tutta una tradizione a supporto dell'immaginario che invece nella mela conta molti esempi, dalla Bibbia a Guglielmo Tell, anche se non andrebbero dimenticate le pere di Pinocchio - pendono invece verso il maschile, con "Abate", "Kaiser", "William". Dobbiamo comunque distinguere bene tra semplici nomi di varietà e brand, come sono Chiquita, Melinda e Pink Lady fra molti altri.
Oggi vorrei soffermarmi sul caso della mela Pink Lady. Al di là delle considerazioni di genere di cui sopra, è evidente per questo brand il ricorso al colore nel nome. Tale mela ha infatti una colorazione (in realtà non proprio il classico rosa) che ben si posiziona in mezzo alle classiche mele gialle, rosse o verdi. Probabilmente, in sede di naming, questo aspetto cromatico non è stato trascurato, anzi, è stato giustamente potenziato e messo in risalto con la denominazione e ora questa mela sembra conquistarsi un posto tutto suo tra le mele gialle e rosse, proprio perché è anche "rosa", almeno nel nome, e poi per delle innovative caratteristiche di gusto che sono assai diverse dalle altre varietà di mele.
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