Se si deve spiegare l'ortografia del nome siamo già a un passaggio di troppo
L'altro giorno un amico mi ha chiesto un parere sulla denominazione di una nuova attività commerciale alla quale sta pensando. Fermo restando che pressoché ogni attività commerciale si basa su un'insegna visiva che appunto insegna, fra le altre cose, come si scrive un nome, il caso esposto dal mio amico era il tipico caso in cui il nome è "tal dei taly", scritto però con la "y" al posto della "i". Questi giochi tra "y" al posto di "i" o, ad esempio, "k" al posto di "ch" sono possibili e frequenti, tuttavia ho fatto notare al mio amico che il nome a cui pensava, in un certo senso, partiva già zoppo, perché si doveva sempre spiegare nell'ortografia (come stava facendo lui al telefono) e questo toglieva immediatezza: insomma eravamo già a un passaggio di troppo. Da questo esempio non ricavo come regola generale che è sempre sconsigliato usare questi giochi grafici, tanto più che in certi casi possono dar vita a un esito interessante, però è da considerare questa possibile partenza zoppa di certi nomi, soprattutto quando il contesto è auditivo e non visivo.
Forse sarò sensibile a questi aspetti perché in gioventù suonavo in un gruppo musicale che si chiamava Apryl; non era il massimo star lì a spiegare ogni volta che si scriveva con la "y" e non con la "i" e che l'accento era proprio sulla "y" e non sulla "a", "a" che fra l'altro si leggeva proprio "a" e non "e". L'immagine sopra ritrae la copertina del nostro unico disco del 2002 uscito per Mellow Records, Alorconfusa, titolo che sta per "A loro confusa" e nel lasciarvi al brano che segue, "Nelle vesti di Adia", devo dirvi che il nome "Adìa" è piano e non sdrucciolo: insomma avevamo qualche problema coi nomi e i titoli!
Il nome del mio amico invece non era naturalmente "Tal dei taly" e mi accorgo ora che potrebbe pure essere un nome interessante per chi cerca la parola e il suono di "Italy" nel naming...
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