sabato 11 agosto 2012

Singolare e plurale nei nomi di marca e prodotto

Quanti prodotti hanno un nome al plurale? Pensate ai biscotti, come quelli a fianco. Se chi mi sta davanti ha la confezione in mano, certamente chiederei "Mi allunghi per cortesia una campagnola?". Il nome di marca e prodotto dovrebbe tuttavia essere unico, inconfondibile. Dovrebbe essere quindi invariabile? Sempre al singolare o sempre al plurale? Lo notiamo da quest'esempio: esiste ancora una questione aperta su singolare/plurale dei nomi di marca, anche se non mi risulta che molta attenzione vi sia stata dedicata. Per le merendine Fiesta, ad esempio, hanno adottato un nome al singolare e difficilmente sentirete dire: "Oggi pomeriggio ho fatto merenda con due Fieste". Più probabile che il parlante dica: "Ho fatto merenda con due Fiesta". Spesso si ricorre al nome al plurare nel settore del food perché si rinvia al fatto che dentro la confezione c'è una pluralità di oggetti x. Sono allora le diverse quantità di biscotti e/o merendine presenti dentro una confezione a far propendere per la scelta di un nome al singolare o al plurale? Ad esempio, pensate ai ghiaccioli Polaretti per i bambini più piccoli. Vostro figlio vi chiederà: "Per favore, posso mangiare un Polaretto?". A mio avviso, quella di singolare vs plurale nei nomi è una questione non del tutto risolta. Gli esempi che ho fatto sembrerebbero supportare la tesi che è sempre consigliabile l'adozione di un nome al singolare. Provate però a pensare a cosa sarebbe l'universo dei nomi dei biscotti se improvvisamente nella confezione si leggesse "Krumiro". Qualcosa non vi quadrerebbe, c'è una certa aspettativa di nomi al plurale. Qualcuno potrebbe obbiettare che nel caso della foto, per esempio, i veri brand sono Barilla e Mulino Bianco, eppure vi invito a pensare che il brand sia anche "Campagnole", un nome plurale quindi costretto talvolta a "singolarizzarsi", soprattutto nel parlato (e un nome di marca vive anche nel parlato, non solo nello scritto o in un logo, diventa un fattore sociolinguistico quando entra nel discorso). Un brand come Mikado allora, tanto per non cambiare settore merceologico, beneficia dell'invariabilità tra singolare e plurale. Ho volutamente esagerato per portare il ragionamento alle estreme conseguenze, ma vi inviterei comunque a riflettere sull'opportunità di un'adozione di un nome al singolare o al plurale nelle vostre operazioni di naming, a maggior ragione se non disponete di un brand come Barilla/Mulino Bianco che, in fin dei conti, il naming in Italia l'ha quasi inventato!

2 commenti:

  1. L'esempio Fiesta è infelice sencondo me, o meglio, è un esempio sbagliato per il concetto che si voleva dire, in quanto ho sempre sentito, nella mia vita, dire "Ho mangiato due Fieste". Anche l'automobile con lo stesso nome, nel parlato sento quasi sempre dire "sono passate tre Fieste rosse". Non è tanto questione di singolare o plurale secondo me, perché l'esempio dei Mikado calza, come, ad esempio, non si sentirà mai dire "sono passate due Punti gialle", ma "due Punto gialle". Il tutto sta al nome, se si presta o meno ad una variazione singolare o plurale. La stessa moneta "Euro", per quanto sia stato deciso essere invariabile, è comunemente usata la formula "Euri". Per cui la questione forse è addirittura più profonda di come è stata descritta nell'articolo.

    RispondiElimina
  2. Grazie del commento molto interessante. Sì, esempi forse non perfetti (o comunque variabili a seconda delle zone d'Italia, a questo punto). Comunque bene che l'argomento interessi. Come è interessante il femminilizzarsi di un nome come "Punto". Ricordo sempre il "Metti un tigre nel motore" di Gianfranco Folena. Grazie ancora, Alberto

    RispondiElimina