venerdì 21 settembre 2012

Traduzione, suono, senso e posizionamento di un brand name. Il brand naming in Cina #2

Proseguo sulla via verso la Cina. Qui accanto trovate l'immagine dell'incarto di un celebre snack dolce e del corrispettivo incarto cinese. Contestualmente trovate pure la trascrizione in idiogrammi unita a una trascrizione fonetica in caratteri latini e, infine, il significato del nuovo brand name. L'immagine accanto rappresenta un veicolo estremamente interessante per circolare negli universi di senso e suono del brand naming in Cina. Vi rimando poi, sempre per quel che concerne la trascrizione fonetica in caratteri latini del brand name in cinese, a questa pagina. Per chi voglia avvicinare il brand naming in Cina appare chiaro che la riflessione teorica si attesterà sui seguenti punti/assunti/caposaldi:

1. i caratteri latini non comunicano granché alla maggior parte della popolazione cinese, quantomeno a quella larghissima fetta che ancora non mastica almeno l'inglese.
2. Si può optare per nomi che "mimino" il suono occidentale (Nike, trascritto foneticamente con "Nai Ke"), parzialmente vicini (BMW che diventa "Bao Ma") o nomi completamente lontani dalla correspettiva pronuncia "occidentale" (mi pare il caso dell'immagine dello snack sopra riportata).
3. Si deve fare i conti con una mentalità diffusa che ricerca nel nome del prodotto determinati caratteri ricorrenti ("Li" ad esempio appare spesso nei nomi e sta per "potenza", mentre "Xi" per "felicità, gioia").
4. Diventa fondamentale raggiungere un equilibrio tra suono-significato-posizionamento e quindi adoperarsi per un mix quasi perfetto di fonetica-semantica-marketing.
5. Uno stesso suono "mimato" può prendere vie di caratteri cinesi diversi, e diventa fondamentale, davanti a più caratteri che hanno simili pronunce, optare per il più adeguato dal punto di vista del significato.
6. Il suonare immediatamente bene, in modo autentico e originale all'orecchio cinese diventa allora il motivo della sfida di chi ricerca un nome per un brand da lanciare e esportare nel mercato cinese.

Siamo davvero di fronte a un lavoro arduo, che abbraccia spostamenti minimi e strategici suoi suoni, sulle sfumature di significato, sul passaggio tra alfabeti e sistemi di scrittura radicalmente lontani. Il tutto senza dimenticare quelle prerogative che qui, nel mondo  cosiddetto occidentale, si danno per scontate in ogni operazione di naming, vale a dire l'aspetto di marketing (positioning) e l'aspetto legale. Insomma, un lavoro davvero proibitivo, da approcciare con estrema prudenza se non si vuole rischiare di essere... lost in translation. Naturalmente diventa un lavoro impossibile per chiunque non conosca la lingua d'arrivo. Tuttavia, da qui, possiamo iniziare a capire quali sono le possibilità e le insidie più comuni, quali sono i casi concreti che ci possono insegnare qualcosa nell'erta via del naming in Cina.

1 commento: