Che per l'editoria tradizionalmente intesa sia un momento singolare, unico, forse di svolta questo credo sia chiaro. Non parlerei nemmeno di crisi perché non ha senso, visto che non è la lettura, nel mondo almeno, ad essere profondamente in crisi (in Italia parzialmente sì, visto che proprio di recente due editori di piccole o medie dimensioni mi confermavano che i loro distributori considerano "a monte" perso il mercato del Sud dell'Italia... un dato economico e commerciale che mi ha fatto riflettere molto e che non so ancora ben interpretare, anche in chiave futura). Non parlerò però di ebook, di editoria digitale e altri sviluppi. Come è accaduto altre volte, mi soffermerò sul naming di collane editoriali. In questo caso si tratta di un naming riproposto dopo tanti anni, di una sorta di "ritorno alle origini" e alla riscoperta della storia della casa edrice e del valore del marchio che continua a rappresentare. Trovo curisioso come un "vecchio" palinsesto e contenitore editoriale come quello di "collana", una specie di ambiente ecosistemico che accoglie libri accomunati da qualcosa, dia prova di buona tenuta nel panorama contemporaneo, se non altro in quella sacca di resistenza che comunemente va sotto l'etichetta di "lettori forti". Le collane diventano allora microbrand editoriali con titoli, grafica, strategie promozionali dedicate e, nella loro elasticità, si prestano a catturare di volta in volta un trend, più o meno consolidato, una sensazione, un mood, un gruppo di testi, conferendo a questi un aspetto materialmente riconoscibile nel momento storico in cui l'editoria e il suo oggetto principe, il libro, sembrano in procinto di smaterializzarsi.
Recentemente la casa editrice Il Saggiatore, diretta da Luca Formenton, ha riproposto la storica denominazione de "Le Silerchie" come naming di una collana editoriale. Non sta riproponendo i titoli del passato, cioè di quegli anni Cinquanta e Sessanta in cui tale collana si affermò come fiore all'occhiello dell'editoria italiana, grazie all'intuizione felice di Alberto Mondadori coadiuvato da quel grande critico che fu Giacomo Debenedetti.
Ma cosa sono le Silerchie? Fu lo stesso Mondadori a spiegare il nome della collana a un lettore che s'era dimostrato incuriosito:
Via delle Silerchie è una strada
di campagna che si stacca dalla Nazionale Camaiore-Lucca, si inerpica
sulle prime balze delle Alpi Apuane, poi diventa sentiero tra i boschi.
Nell'ideare una collana di brevi libri attraenti e spesso illustri come
il paesaggio della Versilia (si passa fin da queste prime tappe per
Thomas Mann e Chagall, per Kafka, Alceo, Saffo, Jaspers), mi è parso di
invitare il lettore a una poetica passeggiata, come quella che offre la
via delle Silerchie, dove il paesaggio varia e si allarga di continuo.
Alberto Mondadori, dopo questa premessa alla Robert Walser, aggiungeva anche:
Siler, con il diminutivo
silercula, rametto di vetrice con cui si facevano bastoncelli magici
usati per scacciare le malattie e gli spiriti maligni, si offre
un'interpretazione della collezione. Una collana dunque che mette in
fuga malanni e malefizi: le confesso che mi rallegra l'idea di aver
trovato senza saperlo un nome di così buono augurio per i lettori della
Biblioteca delle Silerchie.
Nomen omen, valeva questo detto anche per il grande Alberto Mondadori, e di sicuro vale oggi per Luca Formenton, alla guida della casa editrice che porta un nome galileiano. "Silerchie" rimanda quindi a un nome di un luogo. Spesso si sente dire che i nomi dei luoghi non sono opportuni in operazioni di naming, e questa convinzione ha motivate ragioni che magari approfondiremo più avanti. Ci sono tuttavia nomi di luoghi (ad esempio Tiscali) che proprio in virtù del loro essere luoghi appartati e poco noti hanno saputo imporsi. Per le vecchie Silerchie questo era vero. Ci auguriamo lo stesso per le nuove.
(Sopra vi mostro come sono oggi "Le Silerchie" e com'era una vecchia copertina della collana. Non è difficile notare come "l'effetto Paolo-Giordano-Solitudine-Numeri-Primi" abbia davvero contaminato l'odierna grafica editoriale italiana, mentre appare davvero innovativa la copertina che fu riservata a Il trifoglio fiorito di Rafael Alberti. Che quello dell'editore debba tornare ad essere anche un mestiere "di coraggio"?).
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