lunedì 9 febbraio 2015
Un nickname può diventare brand? Il vino "Two Buck Chuck" di Charles Shaw
Trader Joe's è una delle tante catene americane (della California) che vende generi alimentari, risorse per barbecue e quant'altro. Mi raccontavano di recente il caso di un vino di Charles Shaw, azienda sempre della California: gran "valore" e prezzo retail simbolico (e molto americano) di 1,99 dollari. Un sottocosto, forse. Il pubblico ha presto rinominato questo vino di Charles Shaw introdotto in esclusiva da Trader Joe's in "Two Buck Chuck" (ossia il vino da due dollari di Chuck, nomignolo per Charles). Il racconto della storia di successo di questo nickname era spassoso, grazie anche al piglio istrionico del mio interlocutore. La storiella mi ha fatto pensare ad alcuni aspetti che elenco rapidamente: il tormentone del "Two Buck Chuck" ha evidentemente successo grazie al suono (un po' quello che è successo da noi con il claim "O così. O Pomì."). Il prezzo ha un valore simbolico fortissimo che però quasi mai, in Europa almeno, ha ripercussioni sul naming (più facilmente su un nickname e si pensi ad esempio a certe denominazioni usate dalla casa editrice Newton Compton). E infine mi chiedevo se e quando un nickname può diventare brand e quando inizia ad avere senso occuparsi di "proteggere" un nickname sorto quasi per caso o per scherzo.
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