sabato 4 aprile 2015

Naming, spelling, pronuncia dei nomi di marca o azienda. Alcune considerazioni

Sempre più spesso per radio, alla fine degli spot, si possono ascoltare alcune rapide raccomandazioni sul modo esatto di scrivere un nome o un indirizzo Internet. Questo perché, come ben sappiamo, non sempre pronuncia e scrittura vanno di pari passo. Pensate anche a un nome facile e apparentemente indubitabile come "Bic". Uno potrebbe anche pensare, se lo sente soltanto pronunciare, che si scriva "Bik". Per questo e altri motivi per radio si danno indicazioni sullo spelling esatto di un nome. La questione del rapporto fra nome e pronuncia, a mio avviso, sta vivendo una nuova stagione. Intendo dire che mi pare siano finiti i tempi in cui "Colgate" si pronuncia come si legge, così come "Carefree". Complice un livello linguistico medio forse cresciuto e complice pure la rete, le persone si interrogano più frequentemente su quale sia la corretta pronuncia di un nome (pensate anche a "Moleskine"). E quanti sanno che "Miele", vero cult brand in tante case, si dovrebbe pronunciare "mile" visto che uno dei suoi fondatori si chiamava Carl Miele? Bella trovata, almeno per gli italiani, aver inventato poi il "cestello a nido d'ape" sulla scia di un nome mellifluo! (Per stare a un concorrente, in passato avevo trattato l'interessante caso di AEG che era riuscita a imporre a tutti i livelli l'originale pronuncia tedesca e chissà chi, fra gli italiani o francesi o spagnoli, si domandava perché la G diventava "ghe" e non "gi").

Queste rapide osservazioni convergono verso un punto: le marche globali in futuro, anche quelle che nasceranno, continueranno probabilmente ad avere delle pronunce "locali", tuttavia è bene sapere che i dubbi sulla pronuncia di un nome potranno essere sempre più frequenti (certe aziende addirittura inseriscono tra le FAQ del sito alcuni appunti sulla pronuncia del nome). Se le aziende non vogliono perseguire un cura maniacale nella divulgazione della giusta pronuncia, come nel caso di AEG, sarà opportuno che siano preparate a questo cambiamento e a gestire anche questa variabile per essere pronte a rispondere ai propri interlocutori curiosi. La pubblicità "di massa", come la conoscevamo, funziona sempre meno e non è più in grado di passarci un "Carefree" così come lo leggiamo senza provocarci un sorriso. Spesso il suo posto è stato preso da tastiere, sempre più silenti, che quando utilizzate producono un analogo ticchettio o lucore in tutto il mondo. Questi dubbi di pronuncia riguardano persino uno dei brand oggi più noti su scala mondiale, Google, che non sembra non voler dare linee guida precise su come dev'essere pronunciato, lasciando che quelle sei lettere prendano strade diverse a seconda delle bocche dalle quali escono.


Una domanda interessante che potremmo porci è la seguente: sarà più importante perseguire una facile pronuncia o un facile spelling-digitazione per un nuovo nome di marca o azienda? Mi viene da propendere per la seconda opzione, ma forse non c'è una risposta univoca. Il naming presenta delle pratiche consolidate, che si sono dimostrate efficaci nel tempo, ma anche tanti tanti esempi che smentiscono la regola.

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