sabato 1 dicembre 2012

Naming in letteratura o nella scienza? Dai personaggi della fiction alle particelle di Joyce

Leggendo un libro vi sarà capitato di pensare che un nome di un personaggio era particolarmente azzeccato. Vi sarà pure capitato di pensare l'esatto contrario. Oppure vi sarete interrogati sul processo che porta un autore di un racconto o di un romanzo a dare un determinato nome al personaggio, oppure un diminutivo. Nella letteratura italiana registriamo persino un celeberrimo caso di re-naming, quello di Renzo de I promessi sposi, inizialmente chiamato Fermo da Manzoni. I nomi dei personaggi dei libri non sono prodotti in sé (anche se talvolta tendono a trasformarsi in simil-brand o a prestare la parola per operazioni di naming). Ai nostri fini è però comunque interessante contemplare cosa accade nelle fatiche di scrittura di un autore alle prese con i nomi dei propri personaggi, quale iceberg di un continente sommerso possa rappresentare la scelta di un determinato nome per un protagonista, per un personaggio secondario, per una comparsa. Alastair Fowler al tema dedica pure un libro di cui vedete la copertina. Il testo che accompagna Literary Names: Personal Names in English Literature recita:

Why do authors use pseudonyms and pen-names, or ingeniously hide names in their work with acrostics and anagrams? How has the range of permissible given names changed and how is this reflected in literature? Why do some characters remain mysteriously nameless? In this rich and learned book, Alastair Fowler explores the use of names in literature of all periods - primarily English but also Latin, Greek, French, and Italian - casting an unusual and rewarding light on the work of literature itself. He traces the history of names through Homer, Spenser, Shakespeare, Milton, Thackeray, Dickens, Joyce, and Nabokov, showing how names often turn out to be the thematic focus. Fowler shows that the associations of names, at first limited, become increasingly salient and sophisticated as literature itself develops.

Il tema è utile anche per ricordare un aspetto tutt'altro che secondario: quanti nomi di prodotti, brand e azienda hanno fornito i repertori della letteratura, dell'arte, della religione e soprattutto della mitologia?

E per nominare i progressi della scienza? Si tratta di un altro capitolo fondamentale del naming, anche se assai lontano dai prodotti che si vendono al supermercato, ma magari non lontanissimo dalle molecole che vengono nominate in farmacia.  La particella "quark", ad esempio, si chiama così grazie alla penna di James Joyce e a un passo del suo Finnegans Wake. E poi ci sono le ben note "Dolly" dalla prosperosa cantante Dolly Parton e "Lucy" dai Beatles. I paleoantropologi scopritori dei fossili di homo floresiensis intendevano utilizzare, almeno informalmente, il termine "Hobbit" per questa loro importante scoperta. Sembra che i detentori dei diritti cinematografici dell'opera di Tolkien abbiano fatto tuonare la loro diffida. Il risultato? Marcia indietro. Chissà quale nome definitivo prenderà questa scoperta paleoantropologica...

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