Avete sentito parlare di product placement? Credo di sì. Quando guardate un film o una soap-opera e intuite che l'occhio della macchina da presa indugia su una marca di salviettine profumate o su un'etichetta di acqua minerale non è certo una cosa che avviene a caso. Si tratta di una nuova (meglio dire "più recente") frontiera dell'advertising. Svariate possono essere le forme e i modi di product/brand placement, discreti e marcati, singoli o plurimi all'interno dello stesso film o sceneggiato. Un esempio marcato di naming placement è stato il film con Ricky Tognazzi "L'ultimo crodino". In realtà ci sono ben più noti esempi di titoli di film che citano brand (Prada, Tiffany) o nomi di prodotto (Maggiolino o addirittura armi, che sono anch'esse brand, come "Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan"). Siamo qui, naturalmente, nei territori di naming e diritto (la mente va alla legge Urbani). A tal proposito segnalo questo ricco contributo disponibile in rete.
Anche in letteratura avviene qualcosa di simile. I bei libri di Romolo Bugaro ad esempio (ma non solo) sono farciti di nomi di marche ovunque, e pur seguendo abbastanza l'editoria non so se ci sia qualcosa di affine al naming placement sotto (in fin dei conti le marche popolano le nostre giornate, volenti o nolenti). Come non lo so, per fare un altro esempio nell'ambito dei programmi da prima serata, se tutti i brand citati dalla Littizzetto, nelle sue (a mio personalissimo e discutibilissimo avviso) ripetitive tenzoni col Fazio nazionale, ricadano dentro un discorso di product/naming placement.
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