sabato 26 ottobre 2013

Nome per comuni che si fondono

I toponimi contengono non di rado, come in una boccia di essenze, la poesia. Se ci pensate si tratta di una domanda affascinante: come e dove nasce il nome di un luogo? I nomi dei luoghi spesso sembrano sprigionare una poesia che si è depositata nei secoli, nei mutamenti e slittamenti di pronuncia, nei travisamenti e persino negli errori di trascrizione cartografica poi magari emendati (si pensi alle cartine austriache dell'Italia settentrionale, piene di errori di trascrizione fonetica, come nel caso della località dove abito, Salettuol, che per gli austriaci era diventata San Nichiol in onore di un santo molto popolare di là del fiume Piave). I poeti stessi più volte nei secoli si sono lasciati trascinare da questo fascino della toponomastica (penso a un poeta come Giorgio Caproni, tra gli altri, ma anche ad Andrea Zanzotto e a moltissimi altri). Ora, vuoi per la crisi, vuoi per una maggiore razionalizzazione delle risorse, si affaccia alla realtà italiana la prospettiva inquietante che i toponimi siano decisi con un atto amministrativo e magari approvati con un referendum. Provo un po' di orrore/terrore a pensare che sia la mente burocratico-amministrativa a pensare ai nuovi nomi di un comune allargato, risultato della fusione di due comune esistenti. L'unica creatività che queste menti possiedono è spesso legata alla stravaganza dei titoli delle ordinanze (in questo la fantasia leghista si è esercitata per decenni). Questo caso di "naming per un nuovo comune allargato" sembra riguardare le zone dove ho vissuto a lungo, il comune di Villorba per la precisione, che dovrebbe fondersi con il comune limitrofo di Povegliano. Per par condicio dirò anche che dovrebbe riguardare il comune di Povegliano che intende fondersi con il comune limitrofo di Villorba, così non s'arrabbia nessuno. Sono emersi alcuni nomi come Terralta Veneta e Glaura e già si litiga o si fanno le battutine ironiche, tipiche di quelli che la sanno lunga (sarebbe da preoccuparsi se non fosse così!). Il problema è che così si pensa di poter dare un nome a un comune allargato con la facilità e rapidità con cui si dà un nome "creativo" a uno dei tanti centri commerciali che hanno reso brutte queste zone, con una velocità pari a quella con cui questi "centri" sembrano ora sparire e ischeletrire il paesaggio (nel caso di uno dei due comuni siamo già alla fase due: cosa facciamo dei centri commerciali che chiudono?). A mio avviso non ci siamo. I nomi sono importanti. Parlavo di "centri commerciali" e pensate a quale grossolano ed esiziale errore urbanistico e di "naming" sia contenuto nell'adozione della parola "centro"...

Cari amministratori, lasciate allora i toponimi così come sono o se proprio serve un nome inventate un nomignolo convenzionale (per carità non un acronimo!) che serva solo alle scartoffie della burocrazia, non ai cartelli o al parlato/vissuto delle persone. O piuttosto, per quel che riguarda le pure esigenze amministrative, sceglietene uno soltanto tra i due contendenti, quello che avrà il "centro amministrativo" e l'altro si tenga senza incazzarsi il nome di frazione, che è molto meglio di veder cancellati due toponimi in un colpo solo dalla piatta creatività degli amministratori e da un nome balordo trovato in tutta fretta. Occorre essere tremendamente conservatori e per nulla "innovatori" in queste inedite operazioni di toponomastica dettate da ragioni puramente amministrative e contingenti. Altrimenti passa l'idea del toponimo "facile" e volubile, mutabile al capriccio. Pensiamo poi a eventuali future implicazioni politiche di questa prassi (non a caso le ultime sostanziose operazioni toponomastiche italiane risalgono al tempo del Fascismo, che pure in certi casi aveva necessità di nominare delle terre sottratte alle paludi). Pensate solo a quale goffo disastro potrebbe capitare se una simile "moda" di cambio di nomi prendesse piede tra gli amministratori italiani, i quali fanno spesso proprie le mode alla velocità della luce. Dopo averci tolto la terra da sotto i piedi ci toglierebbero pure il suono dei nomi da sotto la lingua. E tutto questo perché? A che pro? Perché un vigile deve poter esser condiviso da entrambi i territori e altre sinergie del genere? Le sinergie possono andar bene ma il cambio di nome non mi sembra un grande affare. Anche perché nulla vieta di pensare che domani Villorba possa essere inglobato da Treviso e magari Povegliano possa ripensarci e fondersi con un comune come Giavera... e allora cosa faremmo? Dovremmo disfare tutto un'altra volta come ormai facciamo coi centri commerciali? Per favore no. I tempi e le esigenze dell'amministrazione sono profondamente diversi dai tempi lunghi e pastosi della toponomastica. Mi auguro che la superbia dei piccoli e talvolta napoleonici amministratori non prenda il sopravvento e che in caso di difficoltà chiedano piuttosto consiglio ai poeti, i quali in certi casi vedono molto più indietro (e quindi anche molto più avanti) di una certa fetta di storici locali. Quest'ultimi, nei casi peggiori, non aspettavano altro che momenti come questo per essere interpellati e pronunciarsi con cavilli storico-etimologici o addirittura territoriali e geografici che ormai lasciano il tempo che trovano. Esiste, anche se forse sempre meno, la storia locale di un luogo, ma non possono e non dovrebbero più esistere gli storici soltanto "locali". Sono una contraddizione in termini e spesso diventano creature tirate per la giacchetta dagli amministratori al momento del bisogno, magari per fare il libro patinato di turno. Un valido studioso di storia locale è un valido storico tout court. Peccato ce ne siano pochissimi. E questo non significa che non debbano esistere studiosi di storia di un luogo, anzi. C'è però bisogno di un gran ripensamento attorno a chi pratica la "storia locale". La toponomastica per fortuna è molto più refrattaria delle nostre contingenti esigenze amministrative. E se proprio serve un nome nuovo, cari amministratori, cercate un nome davvero nuovo, che non provi a giustificarsi grossolanamente su una scia storica e che non dimentichi il suono di quelle parole che, con gli slittamenti fonici lenti di lumaca, hanno nominato quei luoghi fino a ieri, lasciando una bava di scia. Sarebbe l'unico modo per salvare, nel suono, anche la storia. Anche se resto convito che la cosa migliore sarebbe lasciare i toponimi così come stanno, lì dove stanno, non inventarsi troppi nomi nuovi e cambiare piuttosto, con maggiore urgenza, le nostre teste.

(Questo è il secondo capitolo dedicato alla toponomastica; un altro post si legge qui.)

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