Di lì poi venne un naming system davvero unico, coerente, a pensarci ora direi quasi monolitico. Sul retro delle confezioni degli anni Ottanta ricordo tutti i biscotti disposti a scacchiera. Sugli ingredienti di questi io e mio fratello ci interrogavamo la mattina facendo colazione. I nomi dei singoli biscotti, a pensarci oggi, erano coerenti con l'universo del Mulino Bianco (pensiamo ad esempio a "Mugnai", e poi "Macine", "Galletti", "Molinetti", "Pale"). Quello di Mulino Bianco è forse uno degli esempi di naming system più capillari, efficaci e longevi nella storia della recente comunicazione, almeno nel settore alimentare. Un classico caso di marca e creazione di un suo "mondo possibile", dove la strategia di naming si è fusa largamente con la strategia di identità visiva, di comunicazione pubblicitaria, di lancio di sempre nuovi prodotti che abitassero quel "mondo possibile".
Oggi alcuni di quei "comuni" nomi di biscotti sono diventati a loro volta brand a tutto tondo, pensiamo a "Pan di stelle" o ad un naming più descrittivo come "Grancereale", il quale copre ad ombrello una determinata gamma di prodotti, dai biscotti ai cereali per la prima colazione passando per gli spuntini dolci. Registro il ritorno di un naming più descrittivo, nonostante tutti i guru del naming sconsiglino vivamente di optare per un naming che descrive (un altro nome descrittivo in casa Mulino Bianco è "Storie di Frutta"). Sarà il caso di approfondire in futuro questa che per ora rimane una sensazione.
Vi lascio con uno spot e un rinvio ad un libro assai vicino a questi temi di naturalità che ho recensito quest'estate nell'altro blog, qui.
sapresti dirmi chi è l'autore dell'aggiunta della parola "Bianco" al marchio "Mulino" nel lontano 1975? E' farina del sacco di Umberto Eco, Alberoni o altri? Così si vociferava nei corridoi delle agenzie, ma non ho mai avuto modo di saperlo... grazie e saluti
RispondiEliminaFabrizio Baldaccini
fabriziobaldaccini@tiscali.it