"Elle a chaud au cul", questo il pun che sta dietro uno dei più curiosi casi di naming dell'arte. Nel 1919 quel genio ante-Photoshop di Marcel Duchamp mette i baffi alla Gioconda. La stringa di lettere, così difficile da mandare a memoria, sembra stia appunto per "Elle a chaud au cul" (Lei ha caldo al culo, lei è eccitata).
Non è l'unico caso in cui Duchamp si distingue per un'operazione di naming sopraffina. L'orinatoio si intitola infatti "Fontana" e oggi in tanti lo citano parlando di orinatoio-fontana.
Già ci è capitato di parlare di naming e arte, sia con le opere di Ivan De Menis ma anche ricordando gli acronimi, spesso infelici, che hanno dato il nome ai nuovi musei d'arte contemporanea della penisola. Ci capiterà ancora di tornare sull'arte e sui suoi rapporti con il naming. Quanti di noi riflettono soprattutto (o comunque molto) sul titolo di un'opera d'arte? E cosa sarebbe oggi il movimento dell'arte povera se un critico come Germano Celant non avesse trovato la felice etichetta, definizione (o più semplicemente brand name?) per quel gruppo di artisti che proprio in questi giorni sta facendo molto discutere per le non poche mostre internazionali che gli verranno dedicate nei prossimi mesi?
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